Il nuovo semestre accademico cominciato da qualche giorno si rivela già ricco di stimoli e piacevoli sorprese.
Questo Martedì, in occasione della prima lezione di Tecniche di documentazione audiovisiva, i miei compagni ed io siamo stati accompagnati dalla professoressa Jacqueline Ceresoli nella zona di Viale Stelvio e Via Valtellina per eseguire una prima mappatura psicogeografica delle aree del nuovo di Milano, e approfittando della situazione abbiamo fatto visiva ad un luogo di grande rilievo e importanza per il panorama artistico internazionale: la Galleria Primo Marella.
L'ingresso della Galleria Primo Marella, ex deposito di corrieri in Via Valtellina, Milano, Marzo 2014
L'intrigante particolarità che differenzia questa Galleria d'Arte da molte altre è il forte interesse per le culture internazionali più estranee al quadro europeo, in modo privilegiato quelle Sub asiatiche e quella cinese.
Tendenzialmente le uniche segnalazioni che ci arrivano di paesi come le Filippine o la Birmania, sono notizie di catastrofi ambientali e guerre, è quindi piacevole vedere finalmente qualcosa di diverso, e accorgersi di come l'arte riesce a creare una comunità globale, esportando la cultura dai recinti nazionali e dal disinteresse mediatico.
Guidata dal desiderio di riappropriarsi della cultura esotica extraeuropea fino ad allora sottovalutata, sin dalla sua nascita nel 1993 la Galleria Primo Marella si è sempre impegnata in ricerche intercontinentali, accorgendosi così della maturazione artistica in corso d'opera nel territorio cinese.
La Cina è stata per molto tempo una nazione controllata da una rigida dittatura, a causa della quale a molti artisti non era data la possibilità di esprimersi liberamente; il ruolo dell'artista era relegato prevalentemente alla realizzazione di opere celebrative di tipo politico tradizionale, che faceva di lui un'operaio, un artigiano, al servizio dello stato.
Anche a causa dei residui di questa mentalità restrittiva e proibitiva non sono stati pochi i problemi che la Galleria Primo Marella ha dovuto fronteggiare per portare le opere cinesi fuori dal loro contesto natio, ma grazie alla perseveranza e la passione di persone devote all'arte e alla globalizzazione culturale, oggi possiamo godere delle opere di artisti come Shi Xinning, in esposizione fino al 7 Marzo 2014 con la personale "Idea or Event".
Shi Xinning è un artista che ricorre molto alla discrepanza temporale e spaziale, ed un chiaro esempio lo possiamo vedere nelle due opere esposte alla Galleria Marella raffiguranti Mao Tsetung e Marilyn Monroe insieme in un incontro impossibile.
Mao Tsetung insieme a Marylin nella scena impossibile dell'opera di Shi Xinning
Quest'azione è giustificata da un messaggio molto profondo che l'artista vuole inviarci, e che è persistente anche nelle altre sue due opere in esposizione. Xinning vuole creare un confronto tra la cultura occidentale americana, e quella cinese. Durante la rivoluzione culturale cinese, la popolazione sperava di tenere il passo con il mondo occidentale, ma in realtà rimasero intrappolati da un governo sempre più oppressivo, dove attentati e pulizia interna erano all'ordine del giorno. L'immagine di Mao Tsetung diventa un icona grazie ai media che la rendono onnipresente, proprio come successe in occidente con Marilyn, simbolo assoluto della mediazione americana.
Le 49 tele raffiguranti divi del cinema americano e persone comuni della Cina, Shi Xinning
Nella composizione di 49 tele Xinning unisce volti noti del cinema americano a facce comuni della vita quotidiana cinese, creando nuovamente un rapporto/contrasto tra le due culture geograficamente opposte, mettendo sotto gli stessi riflettori "chi recita" e "chi vive". In un'altra opera poi questo confronto assume anche un significato di criticità e denuncia, facendo apparire il famoso artista americano di Land Art Christo come un dittatore che impartisce gli ordini a una massa di lavoratori asiatici.
Nella sua opera Shi Xinning mostra una discrepanza spaziale ben costruita ma evidenziata dal cambio di tonalità e tratto. L'opera è davvero di grandi dimensioni.
Particolare del volto di un lavoratore orientale nella parte sinistra dell'opera di Shi Xinning
L'uomo occidentale raffigurato sul gommone è in realtà Christo, il famoso artista di Land Art, mentre da delle direttive ai suoi operai per "impacchettare" un'isola come era solito fare nelle sue opere
Xinning aveva capito che qualcosa attorno a lui non andava, aveva capito che l'arte come ogni altra cosa nella sua nazione era sotto il duro controllo dello stato, e questo ce lo dimostra in un'altra opera plastica molto originale e interessante;
L'albero costruito con materiali artificiali da Shi Xinning
Il soggetto riportato dall'artista è un albero tipico della cultura orientale, ma la sua particolarità sta nei materiali di cui è composto; resine prodotte artificialmente, articolazioni mediche, molle di ferro, sono tutti sintomi che correlati alla valenza simbolica e tradizionale della forma denunciano un malessere nazionale legato all'assenza di libertà espressiva.
Il quadro problematico messo in luce da Xinning si fa ancora più drammatico con il contributo di un'altro autore attualmente presente alla Galleria Primo Marella, Aung Ko, che nella sua opera ci presenta i "gold men", i pionieri cinesi che scappando dal paese si avventurano alla ricerca di fortuna e successo, e che l'artista qui raffigura nudi calvi e gracili mentre si puntano rispettivamente delle bocce da fuoco l'uno contro l'altro, come a voler disilludere i suoi compatrioti dal mito della bella vita al di fuori della Cina.
i "Gold men" di Aung Ko
La Galleria Primo Marella è un luogo davvero evocativo e affascinante, non solo per gli artisti e le opere che ospita, ma anche per la sua storia; sorta in quello che una volta era un deposito per i corrieri, la Galleria è un brillante esempio di riqualificazione architettonica, proprio come la Tate Modern di Londra, o per rimanere nella nostra Milano, l'Hangar Bicocca.
Tate Modern, museo d'arte contemporanea ricavato da una vecchia centrale elettrica, Londra
Hangar Biccocca, riconvertito da un vecchio stabilimento industriale in spazio espositivo e promozionale dell'arte contemporanea, Milano
Questi luoghi sono simbolo di modernità e futuro della città contemporanea, distretto multimediale dalle infinite possibilità di relazioni tra discipline e culture differenti.
Riccardo Scarparo
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