mercoledì 29 gennaio 2014

Guido Guidi a Micamera Bookstore, molto più di un negozio di libri


Guido Guidi è un fotografo di grande spessore nel panorama culturale italiano; nato a Cesena e formatosi in Veneto presso le facoltà di Architettura e di Disegno Industriale dello IUAV di Venezia, Guido ha sviluppato un'importante passione per la fotografia che lo ha portato ad indagare più e più volte le trasformazioni del paesaggio attorno a sé.
Lunedì 28 Gennaio mi è stato possibile incontrare Guido Guidi presso Micamera Bookstore di Milano, uno spazio stimolante dedicato al mondo della fotografia, dove poter non solo scegliere tra una vastissima gamma di libri da acquistare, ma anche fare conoscenza e confrontarsi con persone appassionate di questo mondo e che ne fanno parte attivamente come appunto Guido Guidi o Martin Parr, che ieri sera era presente e si è concesso agli scatti dei presenti.

 L'ingresso di Micamera in via Medardo Rosso a Milano, Gennaio 2014


 L'esposizione di libri dedicati alla fotografia in vendita presso Micamera, Gennaio 2014

 Martin Parr e Guido Guidi posano per gli ospiti di Micamera, Gennaio 2014

 Guido Guidi autografa le copie del suo ultimo libro "Veramente", Gennaio 2014

Il professor Cosmo Laera si fa autografare "Veramente" da Guido Guidi

Guido Guidi si è messo a disposizione degli ospiti di Micamera per autografare le copie dei suoi libri, in particolare "Veramente", l'ultimo libro pubblicato da Mack Books per accompagnare l'omonima mostra itinerante appena inaugurata a Parigi presso la Fondation Henri Cartier-Bresson, e che arriverà in Italia nell'Ottobre 2014 al Museo d'Arte della città di Ravenna. Il libro abbraccia l'intera storia fotografica dell'autore; raccoglie estratti di serie realizzate dal 1959 ad oggi, evidenziando così il linguaggio fotografico che Guidi ha distillato nell'arco degli ultimi 40 anni e più.









Alcune pagine del libro "Veramente" pubblicato da Mack Books e dedicato all'esperienza fotografica di Guido Guidi, Gennaio 2014

L'incontro con Guidi a Micamera è stata un'altra affascinante esperienza che si va ad aggiungere a tutte le altre che il mondo della fotografia mi propone di settimana in settimana, e che stanno pian piano formando in me una cultura di cui mi sento fiero. 
Con la sua atmosfera piacevole e stimolante Micamera è certamente un luogo da non perdere di vista, che sono sicuro riserverà ai suoi ospiti moltissime altre occasioni interessanti come quella di Lunedi 28 Gennaio con il maestro Guido Guidi.

Riccardo Scarparo

martedì 28 gennaio 2014

Un mondo dentro un volto, la fotografia di ritratto

Le lezioni della scorsa settimana ci hanno introdotto una delle modalità più interessanti e allo stesso tempo complesse della fotografia, quella del ritratto.

Charles Baudelaire ritratto da Étienne Carjat nel 1863

Tutti possono scattare una fotografia ad una persona, ma non tutti possono realizzare un ritratto fotografico. 
Riuscire a restituire nella nostra fotografia le emozioni e le sensazioni del soggetto nella maggiore naturalezza possibile non è così semplice, occorrono infatti grandi capacità ed esperienza per poter mettere il nostro soggetto nelle condizioni ideali per essere fotografato, e naturalmente una buona predisposizione di base facilita il tutto.
Come non serve una macchina fotografica professionale per realizzare una bella foto, non è necessario scattare una fotografia ad una modella per ottenere un bel ritratto. Ogni persona è interessante, ha una personalità e delle caratteristiche che possono essere portate a galla nello scatto fotografico, e sta alla bravura del fotografo riuscire in questo, che non può quindi scaricare la colpa di un cattivo risultato sul suo soggetto. Ci sono aspetti psicologici che devono essere tenuti in considerazione quando ci si affaccia in questo tipo di fotografia, e che sono fondamentali per instaurare un buon rapporto con il soggetto che si intende ritrarre. 
Nikon School ha riservato una sezione del suo sito internet proprio per illustrare in maniera semplice ma esaustiva l'atteggiamento da adottare quando si realizza un ritratto fotografico, non solo in relazione al rapporto con il soggetto, ma anche con la luce e l'ambiente


Prendendo spunto da quanto appreso poco prima, nella seconda parte della lezione i miei compagni ed io ci siamo cimentati in un'esercitazione di ritratto, allestendo un piccolo set fotografico tra i vestiti e i modellini della classe di sceneggiatura. 
In questa occasione abbiamo potuto usufruire di un buon quantitativo di attrezzatura, come cavalletti, flash, e pannelli diffusori, ma è possibile realizzare dei buoni ritratti anche con meno strumenti, oppure servendosi di alcuni espedienti sostitutivi alla portata di tutti come lampade, fogli bianchi e quant'altro. Trovandosi il nostro set all'interno di una classe accademica mirata principalmente all'insegnamento non potevamo disporre dello stesso controllo della scena e dell'illuminazione che potrebbe fornire uno studio fotografico vero e proprio, ma tuttavia con l'esperienza e l'intraprendenza congiunta di tutti abbiamo ottenuto dei risultati soddisfacenti. Per ognuno degli scatti realizzati si è poi resa necessaria un'elaborazione attraverso Lightroom, con la quale abbiamo potuto intervenire su diversi elementi quali la temperatura, troppo calda a causa dell'illuminazione artificiale, e i valori espositivi parziali, ed abbiamo potuto attribuire una nostra interpretazione personale al lavoro svolto.
Nel seguente video il professor Laera ci illustra sinteticamente i vari passaggi di questa operazione


Nella mia esperienza personale ho fatto pochissime fotografie di ritratto, e questa esercitazione mi è stata particolarmente preziosa non soltanto perché mi ha aiutato a rompere un pò quella barriera invisibile che mi blocca quando punto l'obbiettivo della mia macchina su una persona, ma anche e soprattutto perché mi ha divertito ed emozionato, spingendomi di conseguenza a volermi cimentare nuovamente nel ritratto fotografico.
Pian piano sento maturare in me una sicurezza sempre maggiore quando impugno la macchina fotografica, che spinge e sprona il mio interesse verso un numero sempre crescente di modalità di indagine e percorsi di ricerca.
A questo proposito, durante la mia abituale escursione fotografica del fine settimana, ho voluto riprendere quanto appreso durante le lezioni integrando nella mia documentazione per immagini alcuni scatti di autoritratto.
Ora che quella piccola rocca dentro di me ha iniziato a smuoversi sento di poter lavorare in modo più naturale e spontaneo con le persone, aprendomi la strada oltre che a nuove soluzioni interpretative anche a nuove emozioni tutte da scoprire e sperimentare.

Autoritratto, Quarto Oggiaro, gennaio 2014

Riccardo Scarparo

giovedì 23 gennaio 2014

L'Eden colonizzato, L'America di Giovanni Chiaramonte

Non ho mai nascosto il mio interesse e il mio apprezzamento nei confronti della fotografia di paesaggio, sia tra gli autori che osservo che nelle fotografie che scatto. In particolare la visione di un paesaggio aperto, con pochi elementi a interferire con la linea d'orizzonte e nella quale la vastità del cielo sovrasta la Terra, ha sempre suscitato in me emozioni e sensazioni nostalgiche che mi lasciano ipnotizzato davanti ad essa. Per questo motivo la fotografie di Giovanni Chiaramonte sono per me tra le più belle e toccanti che abbia mai visto.


Questo autore abbraccia il tema del rapporto tra i luoghi e il destino della civiltà occidentale durante tutto il suo percorso fotografico. Una tappa particolarmente significativa ed espressiva di questa sua ricerca ce la propone il Centro Culturale San Fedele di Milano, con la mostra "Westwards", dedicata all'indagine fotografica che Chiaramonte effettuò durante un viaggio in America tra il 1991 e il 1992, laddove una volta i pionieri cavalcavano all'avventura alla conquista del West.









 Alcune fotografie di Giovanni Chiaramonte tratte dall'opera "Westwards" in esposizione presso il Centro Culturale San Fedele di Milano

Attraverso le 35 fotografie esposte l'autore ci mostra una terra una volta spaziosa e incontaminata, orgoglio di ricchezza naturale, dove oggi l'influenza della cultura occidentale è radicata indissolubilmente. Le strade, gli edifici, le automobili, sono soltanto i più comuni e ordinari richiami alla nostra cultura, ma in queste terre c'è dell'altro, segni più profondi ed espressivi di una società che è cresciuta sulle esperienze e i racconti di un'altra lontana, come il Partenone di Nashville, fedele ricostruzione di quello di Atene, le cui colonne classiche ci ricordano il fondamento greco e latino, oppure le croci che punteggiano l'orizzonte del territorio, simbolo inequivocabile della tradizione cristiana, o ancora il memoriale di Miami dedicato alle vittime dell'Olocausto, che chiude il viaggio del fotografo alle radici dell'Occidente contemporaneo. 

Il memoriale di Miami dedicato alle vittime dell'olocausto, fotografia di Giovanni Chiaramonte dall'opera "Westwards", 1991/1992

Il lavoro di Chiaramonte in America apre diversi percorsi d'analisi, da una parte c'è la questione dell'irradiazione della cultura occidentale, dall'altra il fascino che queste terre mantengono ancora nonostante la "contaminazione" dell'uomo. In merito alla prima indagine Joel Meyerowitz dice:

"Nella tradizione dei grandi esploratori italiani, Giovanni Chiaramonte è sbarcato sulle spiagge del Nuovo Mondo e ha puntato lo sguardo verso Occidente. Dai suoi viaggi riporta racconti di una terra un tempo ricca e spaziosa, ora sfruttata e devastata, un luogo di desolazione fisica e spirituale. Ovunque volga lo sguardo è presente la matrice della civiltà; edifici crollano, carreggiate scivolano nel mare, individui vagano senza meta e il suolo su cui camminiamo è sopraffatto dalla natura. A ingombrare il paesaggio appaiono spenti memoriali di guerra e distruzione - aerei da caccia e granate di cannone - utilizzati come giochi per bambini o decorazioni di parchi. Guardare verso occidente simboleggiava un tempo scoperta e speranza. Nuove conoscenze sulle meraviglie del mondo attendevano quanti erano così coraggiosi da intraprendere il viaggio. Chiaramonte, curioso quanto i suoi predecessori, sembra dirci: “Questa terra straordinaria e avvincente eccita il mio occhio e la mia mente, però qui è rimasto poco che riesca ad accendere ancora la speranza”. Potrebbe aver ragione e per questo mi fa piangere. Viene da una cultura bimillenaria dove i valori della famiglia e della comunità, del dialogo e degli affetti nella vita quotidiana sono ritenuti importanti. Attraverso i suoi occhi, l’America si rivela come un grande crocevia umano dove avanza l’esperimento di una cultura multinazionale e dove questi valori sono stati quasi del tutto recisi dalla dura realtà della vita moderna. Quale testimone di questa lotta egli sembra lanciarci l’ammonimento a non sottovalutare le conseguenze del desiderio sviato, del materialismo e dell’individualismo." Joel Meyerowitz.

Delle considerazioni tanto vere quanto preoccupanti, e una personalità sensibile come quella di Meyerowitz sembra risentirne particolarmente. E' interessante però osservare l'affermazione della cultura occidentale anche attraverso uno sguardo più ingenuo e positivo. L'insediazione dell'uomo nella natura ha dato vita a scenari di straordinario fascino, che fondono in essi elementi architettonici, urbani, e tecnologici, con elementi naturali e paesaggistici. La fotografia che segue ne è un chiaro esempio; lo spettacolo di un fenomeno naturale come il fulmine viene catturato dalla maestria fotografica di Chiaramonte in un contesto urbano, dove il legame con l'automobile ha un'impatto compositivo ed espressivo straordinario.

 Fotografia di Giovanni Chiaramonte tratta dall'opera "Westwards" in esposizione presso il Centro Culturale San Fedele di Milano

Anche le stesse fotografie della strada potrebbero essere rivestite di concetti positivi quali il viaggio, l'esplorazione, l'avventura, in una terra che nonostante l'avidità umana e le conseguenze della modernità, continua ad essere ricca di fascino e di paesaggi suggestivi.
Mi viene spontaneo osservare le fotografie di Chiaramonte con quest'occhio un pò ingenuo e sognatore che caratterizza tra l'altro la mia personalità, piuttosto che con un attenzione più critica e razionale come fa Mejerowitz.
Giovanni Chiaramonte è senza dubbio uno dei miei autori fotografici preferiti, ed ho apprezzato davvero moltissimo "Westwards", ancora in esposizione fino al 20 Febbraio e che io consiglio calorosamente a tutti di vedere.
La fotografia che più mi ha emozionato finora durante questo percorso, in un luogo che da sempre mi affascina e che un giorno vorrei poter visitare e fotografare a mia volta.
Cogliere il paesaggio e l'evento quotidiano come fa Chiaramonte sarebbe per me un'obbiettivo importante da raggiungere, e per questo mi impegnerò al massimo per poterci riuscire.

Riccardo Scarparo

martedì 21 gennaio 2014

Oggi giochiamo al.. direttore della fotografia

Quando si ha a che fare con il teatro, e più precisamente con la preparazione della scena, una delle figure più importanti e fondamentali è certo quella del direttore della fotografia, personaggio in grado di dare un equilibrio alla composizione. L’occhio allenato ed attento del direttore della fotografia riesce ad individuare se ci sono squilibri nella scena come zone vuote o non visibili, misura l’intensità della luce e la loro quantità, crea l’atmosfera giusta per una scena, fornisce il giusto punto di vista, tutti elementi che poi il fotografo di scena dovrà tenere in considerazione quando svolgerà il suo lavoro.
Con la classe di fotografia durante le lezioni della scorsa settimana ci siamo improvvisati direttori della fotografia, andando a creare l'atmosfera di una scena da un modellino preso in prestito dal laboratorio di scenografia.

Il nostro modellino, Gennaio 2014

Lo studio di una composizione scenica attraverso un modellino si compone di diversi scatti eseguiti dalla stessa posizione che andranno poi uniti tramite Photoshop per ottenere una messa a fuoco di tutti i piani e sperimentare le varie soluzioni di luce.
Servendoci di piccole luci a led e di gelatine colorate da applicare direttamente sulle teste delle torce, abbiamo provato diverse soluzioni di illuminazione sulla scena, per i quali è stato necessario spegnere le luci dell'aula, affinché l'illuminazione artificiale non disturbasse i nostri esperimenti. Già in questa fase ognuno di noi si è fatto un'idea di come avrebbe potuto svolgersi la scena e di quale fosse un'illuminazione interessante da attribuirle. 





Alcune delle prove d'illuminazione scenica svolte in classe, Gennaio 2014

Una volta soddisfatti del numero di scatti eseguiti e delle varie soluzioni provate, l'azione si sposta al computer, dove grazie a Lightroom prima e Photoshop poi potremmo ottenere una visione complessiva della nostra scena, andando ad unire nella stessa immagine più possibilità d'illuminazione. In questa fase è necessario adottare particolare attenzione e munirsi di tanta pazienza per ottenere un risultato di buona qualità e dettaglio, evitando che le varie fotografie sormontate su più livelli vadano a creare degli errori visivi sull'immagine finale;  
In classe il professore ha sviluppato e presentato una sua possibile interpretazione.

Interpretazione della scena secondo il professor Laera, Gennaio 2014

Con questa immagine il professore ha passato la palla a noi studenti, lasciando campo libero alle nostre personali rappresentazioni sceniche partendo dalle fotografie scattate in classe. Ecco una mia interpretazione:

 Interpretazione personale della scena per monologo, Gennaio 2014

A differenza di quella del professore, nella mia interpretazione ho concentrato l'illuminazione solamente su una zona parziale della scena centrale, immaginando che debba contenere il monologo di un unico attore fremo tra la sedia ed il tavolo.
Questo studio ci ha dato un'idea dell'ingente e complesso lavoro che il direttore della fotografia deve svolgere affinché l'opera teatrale abbia la giusta atmosfera e il migliore impatto nel pubblico, e questo ci fa capire come il ruolo di questo personaggio sia importante tanto quanto quello del regista o quello degli attori, perché a volte, nell'opera teatrale così come nel mondo del cinema, le figure che emergono e che vengono riconosciute dal pubblico sono proprio queste ultime, dimenticandosi che dietro al palcoscenico o alla macchina da presa c'è una collettività di ruoli importantissimi senza i quali il successo dello spettacolo o del film non sarebbe possibile.

Riccardo Scarparo

lunedì 20 gennaio 2014

Faccia a faccia con lo Zanni, la visita a Brera di Dario Fo

Lo scorso giovedì con alcuni compagni del corso di fotografia sono stato coinvolto in un esperienza doppiamente eccitante e stimolante.
In primo luogo perché ciò che dovevo fare assieme ai miei compagni era documentare fotograficamente un incontro culturale svoltosi nella sede centrale della nostra Accademia, e in secondo luogo, ma non meno importante, perché mi ha permesso di osservare da vicino uno dei personaggi più importanti del panorama teatrale e culturale non solo italiano, ma del mondo intero: Dario Fo.


Si è trattato del mio primo, se così si può dire, “ingaggio fotografico”, attraverso il quale ho avuto il piacere di incontrare e fotografare uno dei personaggi che più ammiro e con il quale già in passato ho indirettamente avuto a che fare; tra i miei tanti interessi spicca infatti quello per la recitazione, passione che ho coltivato per diversi anni attraverso molteplici esperienze, una delle quali mi ha portato a vestire i panni dello Zanni, personaggio interpretato da Dario Fo in Mistero Buffo e caratterizzato dal suo tipico Grammelot fatto di suoni, onomatopee e parole prive di significato sulla base di un mix dei dialetti della pianura padana.

Dario Fo interpreta "La fame dello Zanni" in Mistero Buffo

Sono particolarmente affezionato al monologo de “La fame dello Zanni”, non solo perché mi sono divertito tantissimo nell’interpretarlo, ma anche perché mi ha permesso di superare la prima selezione al corso di recitazione indetto dal Centro Sperimentale di Cinematografia di Roma nel 2010, risultato importantissimo per me.
Giovedì Dario era in Accademia per tenere una lezione-laboratorio agli studenti della Scuola di Scenografia coinvolti nel “Progetto Dario Fo, il teatro come unione tra le arti e come strumento di proposta etica”, grazie al quale avranno la possibilità di mettere in scena l’ultimo testo teatrale di Fo “Vita di Qu”, ispirato ad un’antica favola cinese.
Il “Progetto Dario Fo” parte dal legame storico, artistico e affettivo che lega il Premio Nobel all’Accademia di Brera sin dagli anni 40/50 in cui Fo ne era studente, e si collega al progetto di creare nella città di Milano un archivio multimediale di tutto il lavoro di Fo e della moglie Franca Rame. Il Progetto rappresenta anche un doveroso omaggio a questo grande artista e alla sua compagna di vita e d’arte, appena scomparsa.
All'incontro di Giovedì in Accademia erano presenti oltre che il Maestro Dario Fo e gli studenti della scuola di Scengrafia coinvolti nel progetto, anche il direttore di Brera professor Franco Marrocco, il Preside del Dipartimento di Progettazione ed Arti Applicati professor Roberto Favaro, il Direttore della Scuola di Nuove Tecnologie professor Andrea Balzola, il Direttore della Scuola di Scenografia professor Davide Petullà, gli attori e il Direttore della Scuola Paolo Grassi, e il regista Massimo Navone.
Se far parte di un team fotografico per la prima volta rappresentava per me un’occasione importante e stimolante,  la presenza di Dario Fo l’ha impreziosita ulteriormente.
L’incontro si è svolto in aula 10, credo la più grande della nostra Accademia, e ad ognuno di noi è stato dato un compito preciso e una zona dalla quale scattare. Io e Stefano Scelzi ci siamo posizionati sulla terrazza che sovrasta le ultime file di sedie, e mentre lui scattava con il suo obbiettivo 150mm, io ho scattato delle fotografie grandangolari di tutto l’ambiente con l’obbiettivo 18/55mm della mia macchina. 

L'incontro è stato molto coinvolgente e divertente, Dario Fo si è rivelato ancora una volta un personaggio straordinario, capace di dare la giusta motivazione a dei ragazzi promettenti e volenterosi come gli studenti del corso di scenografia che hanno interpretato alcune scene di "Vita di Qu" davanti al maestro, mettendo in mostra le loro doti attoriali e mettendosi in gioco in un contesto molto importante. Inoltre tutto l'incontro è stato accompagnato visivamente dalle proiezioni dei disegni di Dario Fo in merito a questo suo ultimo testo teatrale e ad altre precedenti opere. Prima di terminare, il maestro è stato felice di rispondere alle domande del pubblico, dei professori e degli stessi studenti-attori.
Qui di seguito, un estratto del mio lavoro














Dario Fo in visita all'Accademia di Brera in occasione del "Progetto Dario Fo, il teatro come unione tra le arti e come strumento di proposta etica", 16 Gennaio 2014, Milano

Voglio ringraziare il professor Cosmo Laera per questa bellissima occasione concessami, e i miei compagni fotografi per aver condiviso insieme quest'esperienza positiva e per me particolarmente formativa. 
La vita a Brera è una sorpresa continua.

Riccardo Scarparo